In quest’ultimo periodo si è fatto un gran parlare all’interno del settore marketing riguardo la discussa campagna lanciata dal noto brand di moda Diesel all’interno di siti come YouPorn, PornHub, Tinder e Grindr.
Ora, non so quanti tra voi siano esperti in marketing, o quanti sanno esattamente che cosa siano Tinder o Grindr, ma sappiate che YouPorn e PorHub, i cui nomi parlano da soli, fanno parte dei 50/80 siti più visti nel mondo, e questo è solo per spiegarvi la portata del fenomeno.
Ad ogni modo Tinder (che significa letteralmente “esca”) è un App di chat basata sulla geolocalizzazione, che utilizzata ad esempio attraverso Facebook, facilita la comunicazione tra le persone interessate. Interessate a cosa? Ad incontri perlopiù di natura sessuale, appuntamenti mordi e fuggi insomma, per gente da “no time to flirt”. Grindr funziona più o meno come Tinder, soltanto che è rivolto ad un pubblico omosessuale o bisessuale.
Bene, ora che sappiamo di cosa stiamo parlando, veniamo al gran discutere di questi giorni sul fatto che Diesel abbia deciso di rompere ogni tabù pubblicizzando i suoi prodotti su canali come YouPorn, e la domanda che gli esperti si sono posti è stata: “è la strada giusta?” o meglio: “è una buona strada?”.
Inutile dirvi che i commenti sprecati a riguardo sono stati di gran lunga favorevoli, della serie: se quello è un luogo frequentato dai più, allora sarà qui che quei più vedranno il marchio Diesel impresso sullo schermo con la possibilità – cliccando sul banner – di essere catapultati sul sito web di riferimento nella sezione “underwear” e poterne fruire i contenuti.
Pareri esaltati o coloriti a parte, in molti hanno commentato con la solita frase di Oscar Wilde «Nel bene o nel male, purché se ne parli», motto questo divenuto ormai un giustificativo per ogni comunicazione volgare, aggressiva o sguaiata, sia nel mondo della pubblicità che della politica, in tv come in internet. Provando a rifletterci bene però, “il modo” o “il luogo” in cui se ne parla, possono fare la differenza?
Quando si tratta di un prodotto sì.
Queste sono infatti componenti che possono segnare la differenza del posizionamento di quel prodotto sul mercato, dove per posizionamento si intende l’immagine che tale prodotto rappresenta di per sé, e nei confronti della concorrenza, nella mente del consumatore. Capire che posizionamento ha un prodotto per noi è un po’ come volersi dare una risposta a queste domande quando comperiamo qualcosa: cos’è che ci ha spinto all’acquisto, oltre al prezzo e alla qualità? Che cosa sentiamo, dentro di noi, a livello emotivo, culturale, empatico, nei confronti di ciò che abbiamo scelto? Che valori e che esperienza ci ha dato? Perché proprio lui?
Al di là del fatto che la mossa di pubblicizzare il proprio marchio su siti porno e quindi di abbinare il proprio brand a questo mondo possa rivelarsi per Diesel più o meno vincente in termini di click sul sito e quindi di posizionamento all’interno dei motori di ricerca, e al di là del fatto che chi va su questi siti ci va per un motivo preciso, che non è di certo quello di cliccare su un banner pubblicitario per quanto attraente questo sia, forse dovremmo chiederci: che immagine si formerà di questa marca, nel tempo, nella mente delle persone?
Per quel che mi riguarda ritengo che la scelta effettuata da Diesel sia quanto mai azzardata, e vi spiego perché.
Oggi il consumatore vive in un mondo digitale e mobile permeato da molteplici stimoli, e questo gli permette di fluttuare in rete, di informarsi, scartare o scegliere qualcosa scavalcando alla grande quelle che sono state fino ad oggi le logiche del mercato, divenendo così quanto mai infedele. In quest’era mobile non si può parlare più di target, perché il target si è evoluto, svincolato, divenendo un insieme di individui, che non vanno più guardati come una massa, ma come personalità distinte e complesse, con molteplici sfaccettature. Amo fare il paragone con la visione Pirandelliana dei primi del novecento creando un parallelismo con l’homo mobilis del terzo millennio. Anche oggi siamo “uno, nessuno e centomila”, più identità fuse e confuse in un unico individuo, ipotetici consumatori del tutto o del nulla, profilati per cose che oggi ci posso interessare ma domani non più.
Questo non-più-target, costituito da individui complessi, non solo compra, bensì sceglie. E quando sceglie, non guarda più al mero prodotto, ma anche ciò che questo rappresenta.
Per questo un brand, per essere scelto all’interno di un contesto dove ogni paradigma è cambiato, ha il dovere oggi di antropizzarsi. Deve cioè saper richiamare un mondo all’interno del quale le persone si possono riconoscere. Deve evocare modelli esistenziali e comportamentali che le persone sentono di condividere, non solo nella loro solitudine davanti ad un PC, ma responsabilmente, di fronte alla società in cui sono calati e di fronte alle persone che condividono con loro la quotidianità. Deve venirsi a creare una sorta di empatia, svilupparsi quel processo valoriale e simbolico che faccia sentire le persone a proprio agio spingendole all’acquisto.
Promuovere un brand su un canale come YouPorn fa sì che quel marchio venga associato a quel modello valoriale, se di valori qui si può ancora parlare.
E dunque: è questo il mondo nel quale le persone vogliono palesare il loro modello di socialità? È questo il mondo nel quale ci identifichiamo apertamente?
Ognuno può rispondere come crede, sia chiaro.
Io vi posso soltanto confidare, sottovoce, in un orecchio, che lavorando ogni giorno con le parole, se fossi titolare del marchio Diesel non l’avrei messo su YouPorn. Perché? Per il semplice fatto che avrei temuto un eventuale contro-slogan di qualche bizzarro concorrente del tipo: “Diesel: non vale una sega”. Ma come vi ho detto, questa è una confidenza. Voi non ditela a nessuno.